Ero cristiano e cattolico, fervente. Andavo alla messa il sabato sera a suonare l’organo, poi la domenica mattina a messa prima (sempre organo) e infine a suonare la chitarra a messa granda, alle 11,00, insieme a molti amici. Andavo alla “festa del ciao” (che non ho mai capito cos’è) e a veglie e raduni di preghiera, andavo ai campi estivi ACR (che anche qui non sapevo e non so, esattamente, cosa sono). Nessuno mi ci mnadava per forza, sia chiaro. Ci andavo quant’è vero che andavo alla scuola di musica sacra a Mondovì, quant’è vero che ogni tanto mi facevo svegliare alle 6,00 dal rettore del collegio di Mondovì (prima ITIS) per seguire la messa in intimità con altri quattro o cinque amici. Era una messa sentita, celebrata tutti insieme intorno all’altare. Era “mensa” più che messa.
In quegli anni di full-immersion nel cattolicesimo mi sono sempre trovato bene. Si pregava, si parlava di Dio, si corteggiavano le ragazze, ci si confidava. Succedevano insomma tutte le cose (più o meno) che succedono agli adolescenti. Non ho mai sentito parlare di laicità, dei comunisti come dei nemici, della libertà di parola non del papa, ma di chiunque. C’era lo spazio per pregare e lo spazio per cantare, giocare, ridere, litigare e fare cose immorali (ove possibile e nei limiti dell’età).
Il referendum sul divorzio e quello sull’aborto non furono laceranti, travagliati, imbarazzanti. Prima di tutto non ero chiamato al voto, e questo semplificava le cose. Ma poi pensavamo (e io non ero il solo) che ognuno dovesse fare quel che riteneva giusto, perché così ci avevano trasmesso (non insegnato) e quindi va da sé che è meglio non abortire, non divorziare, ma ci sono dei casi, delle situazioni in cui è senz’altro meglio, magari situazioni che mette male pure immaginare. Libero arbitrio, si chiama, anche se non lo sapevo, e pare sia un fondamento della religione cattolica.
Il massimo di critica ai comunisti da parte del nostro parroco e insegnante di religione don Giulio (quanto bene gli ho voluto… Ma mica per un motivo preciso, così, perché vuoi bene ai tuoi) era che nelle fabbriche i comunisti vogliono comandare tutto loro e invece “noi” (diceva lui) diciamo che è giusto che ognuno faccia la sua parte”. Basta, semplice e accettabile, ancorchè scorretto… Ma sostenibile, discutibile, quasi gentile nella descrizione.
Poi non so cosa sia successo in me. Ho trovato le posizioni della chiesa sempre più invadenti, moralistiche, autoreferenti (“è giusto perché è scritto” o “è giusto perché lo dico io che sono il papa”). Giunto che fui all’età della (auspicabile) ragione la religione cattolica ha smesso di darmi risposte. L’aborto, la famiglia, la critica al sistema scientifico, alla ragione e all’illuminismo ribadita di recente, sono tutte cose che mi mettono in imbarazzo per l’evidente scorrettezza delle tesi sostenute dalla chiesa. La famiglia è rara, come la intende il clero, spesso è formata da risposati, conviventi, eterni fidanzati che neanche convivono. Eppure funzionano e hanno figli belli e buoni a cui talvolta non hanno mai insegnato la morale cattolica. La legge sull’aborto evita la morte di migliaia di donne (dove non c’è la morte per aborto illegale è la III causa di decesso nelle donne). La scienza è un metodo, non si può sovraccaricare di significati o dargli abiti che non sono suoi per poterla attaccare meglio. Prova e riprova, verificare e falsificare. L’illuminismo è stato causa di rivoluzioni le quali, come noto, viaggiano su fiumi di sangue. Però senza queste rivoluzioni vivremmo ancora il medioevo. Valutare pregi e difetti è difficile, ma senza “lumi” avremmo ancora il papa-re, e questo non mi piacerebbe per niente. Il gran finale è la quantità di soldi che la Città del Vaticano drena legittimamente dallo stato italiano. La cosa mi rattrista. Scuole private, cliniche private, insegnanti di religione pagati dallo stato e designati dal vescovo, ICI non pagata, televisioni a disposizione.
Quando dicono che il papa non può parlare mi stupisco: domenica mattina era su rai 1, rai 2 , retequattro (una messa, non il papa), sky tg24, sat 2000, contemporaneamente. Neanche Padre Pio riusciva a essere tanto poliubiquo. E non può parlare? Strano.
È la cultura scientifica che non può parlare, la ragione e il raziocinio, lo stimolo all’approfondimento anche in televisione al posto del giochino scemo.
E poi, dal mio modesto pulpito, mi piacerebbe poter dare un consiglio ai signori della nomenklatura episcopale: guardatevi dai giornalisti che vi difendono, sono abili politicanti, vi trascinano, senza che ve ne accorgiate, a discutere di cose elevate nella bassezza del fango di questa politica. Statene alla larga, non fatevi portare, accompagnare, non condividete nulla con loro. Io non mi fiderei di gente che parla di pluralismo e libertà e stampa un giornale pagato dallo stato. Combattete le vostre battaglie con i mezzi che avete (che sono sicuramente sufficienti) ma non demandate il megafono ai secolari, a questi strani atei fedelissimi, laici pii, conservatori orbi e tradizionalisti che si ritagliano una religione su misura per loro.
Ah! Ancora una cosa: il papa alla Sapienza, naturalmente le due cose tra loro non hanno relazione. Ma non è questo il fatto, è che se n’è costruita una cosa abnorme, che ha visto alleati giornalisti e clero. Il papa (o il suo ufficio stampa) lavorano con malizia e questo non è bello.
È bello vedere (per me) dei giovani che contestano il potere, politico, religioso, militare o giudiziario che sia, perché il mestiere dei giovani è quello di contestare, per poter ricostruire.