domenica 20 luglio 2008

Notte in fabbrica


http://amarenco.blogspot.com/search?q=laminatoio

A questo indirizzo, sul questo blog, avevo già parlato della situazione.

Stasera è sabato, anzi, è già domenica. E io con Patty e Gianco siamo stati “precettati” per la chiusura della stesa, che questa settimana s'è protratta oltre il previsto.
Mully e Paolino si sono fermati fino alle 23,00.

Io ho ripulito lo svolgimento, scopato a terra, ritirato la rumenta. Poi ho aiutato gli altri a scaricare un asse di pellicola ancora in macchina. Poi sono salito con Patty vicino all'estrusore. Ho smontato e portato via i filtri sporchi. Ogni filtro un colore, pensavo: il verde dei boschi delle foto delle vacanze; il giallo di un vestito nuovo; il blu di un cielo dietro a una coppia che sorride. Butto via brani e brani di ricordi, giù nello scarico. Poi con Patty abbiamo scovolato e ripulito dalle macchie. Siamo andati a prenderci un caffè, a mangiarci un panino. Giancu era tutto sudato e stanco morto: sta mettendo su casa e talvolta non dorme di giorno.
Dopo il caffè siamo tornati in sala, abbiamo chiuso l'acqua e chiuso l'estrusore nel suo involucro. Patty, prima di chiuderlo, mi ha chiesto di guardarlo bene: “Vedi? È intero, no? Se dovessero chiedertelo l'hai visto che noi l'abbiamo messo via intero e pulito, giusto?” Si, è giusto, gli ho detto.

Patty è un tipo preciso. Sempre stato così. Lui è nato a Ferrania da genitori che lavoravano a Ferrania, ha lavorato sotto impresa nella Ferrania e poi finalmente ci è entrato. Ed è diventato estrusorista, come dire macchinista in ferrovia, o tornitore in una officina. L'estrusore è (era?) un bancone di inox con numerose fessure dalle quali scaturisce l'emulsione fotosensibile che viene stesa sul supporto di triacetato. Il lavoro di Patty è un po' da litografo (pulizia, precisione, sensibilità al tatto, esperienza) e un po' da ladro, nel senso che come un ladro, al buio, “sente” le prede, ovvero certi difetti. Lui nel buio totale, nel frastuono di mille motori, sente un fruscio che lo fa balzare all'emergenza. Ha sempre lavorato bene, coscienziosamente. E continua anche stasera, dopo vent'anni di fabbrica.

Nelle pause caffè ti racconta storie di pellicole, difetti, strappi, problemi superati brillantemente e altri irrisolti, con la stessa malia di un lupo di mare. E si resta incuriositi e appassionati, perchè non è tanto questione di contenuti ma di passione nel racconto. Fa venire in mente gli operai di Primo Levi, la tecnica, la tecnologia, l'esperienza e la “hyle”, il gobbo maledetto, la pervicace, muta, ostinata contrarietà della natura a che le cose non vadano come si vorrebbe.

Già, è la solita storia raccontata da Melville, o da Hemingway.
Comunque la notte è passata anche stavolta, le ciglia bruciano e si ha solo più voglia di andare a dormire, magari dopo un bel pezzo di focaccia.
Da laggiù, oltre le ciminiere e i capannoni vuoti, il cielo si schiarisce. È luglio e albeggia presto. Ci avviamo al timbro. Poi al cancelletto d'uscita, scatta il tornello dietro di noi.

Una notte normale è appena passata, se non fosse che forse è l'ultima di Ferrania. Era dal 1923 che questo stabilimento produceva pellicola, e bene anche.

E il bello è che quel prodotto si produce e si vende ancora...

Ma poi mi chiedo: cos'è che ci spinge a fare fino alla fine le cose per bene, coscienziosamente? Anche quelli più scalmanati, disfattisti, da cui potevi aspettarti perfino qualche stupidaggine. Niente neanche loro. Hanno fatto quello che dovevano, hanno timbrato e sono tornati a casa.

Due degli azionisti se ne sono andati dalla società che controllava Ferrania. Loro, mi pare, si sono comportati peggio di noi.

sabato 5 luglio 2008

La Lega e il falso localismo


Come già capitato ho ricevuto una mail che meglio non avrei potuto scrivere, e della quale (serve dirlo?) condivido il succo e la forma.

Motivo per cui la trascrivo tal quale, col permesso dell'autore: Davide Montino, a me carissimo.



Come tutte le cose, anche il fenomeno leghista, dopo quasi trent’anni, merita di essere analizzato con calma e ragione. In primo luogo bisogna liberarsi da quello che la Lega stessa dice di sé: essa si fa paladina del Nord, ma soprattutto del territorio, del locale, della comunità, delle tradizioni etc…

Se leggiamo i documenti, i programmi, i giornali, ma anche i manifesti elettorali, gli spot televisivi, e li aggiungiamo alle esternazioni dei rappresentanti politici leghisti, abbiamo però un altro quadro. In realtà la Lega rappresenta, in piccolo e relativamente a un territorio preciso, l’ideologia nazionalista così come si è determinata nel ‘900. Sono gli stessi schemi e gli stessi valori.

- La Lega, al pari delle nazioni, si inventa una tradizione (dal Dio-Po alla battaglia di Legnano, dai miti celti ai dialetti-lingua).

- La Lega, al pari delle nazioni, non riconosce una cultura ed un pensiero universalisti: questo è un punto importante, perché solo in un insieme di valori universalmente riconosciuti è possibile la difesa del locale: si pensi al tanto lodato medioevo, ci sono comuni e signorie, mille campanili, ma la condizione perché esistano è proprio l’universalismo cattolico medievale, l’ecumene cristiana, una sola lingua (il latino), una sola fede (cristianesimo), un solo impero (il Sacro romano)

- La Lega, come le nazioni, è esclusiva, tira su confini e limiti, controlla chi entra e chi esce. Un’Europa fatta di regioni, di comunità e di territori può esistere solo senza confini, con la circolazione delle persone.

- La Lega, come le nazioni, fa politiche linguistiche aggressive (i cartelli in dialetto, addirittura insegnare il dialetto a scuola…)

- La Lega, come le nazioni, si costruisce una sua storia e i suoi miti.

- La Lega, come le nazioni, abolisce l’idea di una società articolata in ceti o classi, ma pensa la comunità come un insieme interclassista.

La Lega, infine, tendenzialmente non tollera il pluralismo; come le nazioni, tende ad escludere dal riconoscimento politico chi non si identifica in modo unitario con i suoi valori. Provate a chiedere ad un leghista se, in un futuro di indipendenza per il Nord, nel Parlamento padano, ci sarà posto per un Partito comunista o Radicale…

Questi brevi punti mostrano l’equivoco. La Lega non rappresenta la dimensione del futuro localismo, ma è l’inquadramento politico di un egoismo che si confonde con il territorio. Essa rappresenta in piccolo un’ideologia nazionalista, basterebbe sostituire alla parola Nord la parola Italia o Francia per vedere la similitudine. E’ un blocco di potere, tant’è che si è insediata da 15 anni a Roma, e l’unica prospettiva culturale che propone è il federalismo fiscale ma non ha nessuna visione di una articolazione amministrativa e politica locale.

Insomma, la Lega è una presa in giro proprio per quelli che credono che il futuro sarà fatto di locale e di territorio, di comunità circoscritte e con una forte identità, nel quadro di un mondo sempre più interconnesso, unito, globalizzato.