sabato 28 marzo 2009

Con il grembiule...


È la prima volta che mi dispiace conoscere l’autore di un libro. Mi dispiace perché il libro mi piace molto, e il parlarne bene potrebbe far pensare che io sia ben disposto, accondiscendente, accomodante con lui. Assicuro il lettore che non è vero: il libro è proprio di quelli indispensabili, con o senza il mio parere o la mia conoscenza dell’autore.
Si tratta di un testo appassionato e dettagliato che, con la scusa di parlare delle pretese riforme scolastiche, pone questioni di livello maggiore (non si può dire superiore), più ampio, descrivendo in maniera perforante la società attuale.
Il titolo, tanto per capirci, è: “Con il grembiule siamo tutti più buoni! La scuola italiana tra falsi problemi e pessime soluzioni”, l’autore è Davide Montino (edizioni Selene, 2009).
Non voglio disquisire di tutto il libro, preferisco svolazzare di fiore in fiore, invitando di cuore le persone assennate a procurarselo, ché serve a capire il mondo intorno a noi.
“Di cosa parliamo quando parliamo di scuola?” si chiede carverianamente l’Autore. E forse potrebbe essere il vero titolo dell’opera. La condizione attuale è che una trentacinquenne avvocato abilitato in Calabria è ministro dell’istruzione. Come ministro varerebbe una riforma (l’ennesima) di cui si è diffusamente parlato: grembiule, così sono tutti uguali; voto in condotta; norme anti bullismo; lotta ai fannulloni; ordine, disciplina, lavoro e progresso, verrebbe da dire.
Grattata via la vernice televisiva resta sulla carta un pesante ridimensionamento dei fondi a disposizione della pubblica istruzione. Allora, all’ombra di tutte le proposte e i progetti che sguazzano tra i telegiornali come cefali impazziti tra gli scogli, si rischia perfino di capire l’estremo paradosso di un potere che dice di fare di più, togliendo risorse, basando la sua dirittura sulla critica del Sessantotto come fomite di ogni male scolastico. Paradossale anche questo, visto che il Sessantotto (che mi risulta difficile identificare in un unico insieme omogeneo e continuo) è passato da più anni che quelli compiuti dal ministro. Ma credo sia lo stesso ritornello di quando si parlava di “egemonia culturale della sinistra”, ci tocca, non ci si può far nulla, come quando piove…
La scuola è dentro la società. Della scuola si occupano i religiosi, i politici, i sociologi, gli psicologi, gli avvocati e i giornalisti. Verrebbe da chiedersi a cosa servono i pedagoghi, i maestri e i professori.
Problemi della scuola oggi? I bulli, l’indisciplina, i giovani non hanno più valori, non sappiamo trasmettere valori, gli extracomunitari fanno danno agli italianissimi alunni, in secondo piano l’attualità dei programmi. E poi cosa veniamo a scoprire leggendo il libro in questione? Ecco: “L’associazione per la lotta all’analfabetismo rende note alcune cifre: in Italia ci sono 782.000 analfabeti totali, 6.000.000 di persone hanno frequentato saltuariamente e male le scuole elementari, 20.000.000 (36,5% della popolazione) ha grosse difficoltà nel comprendere e scrivere un testo”.
E se questo fosse un punto di partenza per molte discussioni sulla scuola? E poi, la parola “democrazia” ha senso con una percentuale del genere di persone così poco istruite? Come posso permettermi di affrontare qualsiasi altro discorso, dalla sicurezza all’economia, dall’ambiente alla casa, dallo stipendio financo al giardinaggio, se ho dei problemi di comunicazione di questa portata. Ecco, appunto, la scuola non riguarda solo “la scuola”, ma tutti noi e il mondo a venire.
Cito ancora: “I giovanissimi imparano dalla Televisione e spesso dai loro genitori, dai discorsi che gli adulti fanno e dagli esempi che danno, che tutto è valido allo stesso modo, e quindi che l’opinione dell’esperto è valida solo se conferma quello che voglio io, altrimenti la rigetto. E i primi a fare così sono i politici”. Ognuno pensi al programma che gli pare più rappresentativo in questo senso: reality, MC Show, Domenica In. E anche le “Iene” che passano per quelli graffianti, di rottura, che “mettono alla berlina” l’ignoranza dei politici, e che così rassicurano tutti gli spettatori che ignoranti lo sono e ci si beano…
Mi piace aggiungere ancora che dell’Autore conosco il modo di scrivere misurato, severo, preciso, scevro da sentimentalismi e sempre adatto. In questo caso mi pare che si sia messo un po’ più comodo, si sia allentato il nodo della cravatta (senza toglierla) ed abbia messo una dose misurata di sana passione in questo lavoro, il che ha reso la scrittura particolarmente godibile, scorrevole, colorata, ma comunque limpida.
A lui ho detto che di questo libro mi pare di vederlo come un orologio aperto, in cui si vedono chiaramente gli ingranaggi lustri girare precisamente e utilmente.
Per dire tutto quello che vorrei dire la recensione dovrebbe essere più lunga del libro stesso, e questo è contario alle consuetudini.
Se avete letto fin qui questo post non potete far altro che procurarvi il libro in questione, vi assicuro che ne vale la pena.

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lunedì 23 febbraio 2009

Tempi brutti

Io sono un pessimista. Non mi aspetto niente dalla gente, niente di buono. Dalle persone si, talvolta mi sorprendono. Ma la massa mi preoccupa.
Recentemente sono stato male a causa di una ragazza che da 17 anni cercava di morire. Medici e altri uomini, convinti di fare il bene di lei, la mantenevano in vita.
Suo padre ha fatto di tutto per agevolarne, naturalmente, la morte. Ma avrebbe potuto anche fare di peggio (comunque non l’avrei giudicato se l’avesse fatto) soffocandola.
Invece ha seguito il percorso legittimo, laico, giuridico.
Torme di politici e religiosi si sono attardati davanti alla telecamera/capezzale. Torme di persone convinti dai politici e dai religiosi si sono fatte convincere che la ragazza aveva vent’anni, aveva lunghi capelli castani e un bel sorriso, come nella foto che la ritraeva prima dell’incidente e che un padre cattivo le negava un cucchiaio di minestra, un panino, un bicchier d’acqua.

Ieri sono stato a trovare un amico. Era steso a letto, aveva l’ossigeno, rantolava. Da qualche giorno era così. Ha raggiunto l’ottantina e ieri era come assopito, rapito al mondo. Sua moglie, teneramente, lo accarezzava con una delicatezza che ho visto poche volte. Ogni tanto diceva: perché non smette di soffrire?
Io lo conoscevo. So che se ne avessi parlato, assurdamente, proprio con lui mi avrebbe detto: soffocami. L’ho pensato. Ma ho avuto paura, e non l’ho fatto.
Non l’ho fatto perché ho dei dubbi: sarà la cosa giusta? E intanto lui rantolava. Dopo tre ore è morto.

Ieri sera sono stato a trovare un amico. Abbiamo parlato del caso della ragazza. Lui è padre di un ragazzo che è morto tragicamente. Lui è conservatore e cattolico praticante. Lui mi ha detto che l’unico rimprovero che si sente di fare a quel padre è di non aver spento sua figlia. Lui mi ha detto che suo figlio, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato paralizzato dal collo in giù e cieco. Lui non avrebbe resistito e l’avrebbe ucciso uccidendosi.
Io non so se l’avrei fatto, perché ho dei dubbi: sarà la cosa giusta?

Ecco, io soffro perché qui non so proprio quale sia la cosa giusta. So però che una delle cose sbagliate è perdere tempo, so che la sofferenza inutile, il dolore inutile, è una pena che non redime, che non migliora, che non salva. Anzi: si diffonde alle persone che stanno attorno al sofferente, le macchia, le depaupera, le imputridisce.

Chi si erge amministratore della cosa pubblica, chi si erge sacerdote, chi si dice intellettuale, deve saper coltivare il dubbio. E siccome il tempo, per chi soffre (dico anche i parenti e gli amici del morituro o dell’ammalato) si espande e diviene pesante, occorre non perdere tempo.
E per non perdere tempo ci vuole una legge pensata PRIMA che avvengano i casi come quelli della ragazza.

Purtroppo però la religione e la politica, questa religione e questa politica, sanno cos’è bene e buono per noi. La strada è tracciata: chi fuma non deve avere poi accesso agli ospedali; chi supera il limite di velocità e ha un incidente non sarà curato; chi si ubriaca non sarà raccolto; chi non si comporta secondo i parametri prescritti sarà asociale e indesiderato.
Avremo un mondo di pecore virtuose, saremo felici e giusti. Da qualche parte metteremo i reietti, gli incivili, gli immorali. Ci sarà una morale, limpida, indiscutibile, costante e sempiterna, che sostituirà l’opinione, la passione, la curiosità, l’esperienza, l’amicizia, l’amore, la rabbia, la gioia…

E il bello di tutto questo è che non si useranno strumenti imprevedibili, enormi, complicati: no.
Questa “morale” si installerà mediante canzoncine, filmatini, copertine di riviste patinate. Basta una canzoncina a Sanremo per capire che gli omosessuali non sono normali, che basta guardare al proprio passato per innamorarsi di una donna e finalmente essere felici.

Io sono un pessimista.