lunedì 23 febbraio 2009

Tempi brutti

Io sono un pessimista. Non mi aspetto niente dalla gente, niente di buono. Dalle persone si, talvolta mi sorprendono. Ma la massa mi preoccupa.
Recentemente sono stato male a causa di una ragazza che da 17 anni cercava di morire. Medici e altri uomini, convinti di fare il bene di lei, la mantenevano in vita.
Suo padre ha fatto di tutto per agevolarne, naturalmente, la morte. Ma avrebbe potuto anche fare di peggio (comunque non l’avrei giudicato se l’avesse fatto) soffocandola.
Invece ha seguito il percorso legittimo, laico, giuridico.
Torme di politici e religiosi si sono attardati davanti alla telecamera/capezzale. Torme di persone convinti dai politici e dai religiosi si sono fatte convincere che la ragazza aveva vent’anni, aveva lunghi capelli castani e un bel sorriso, come nella foto che la ritraeva prima dell’incidente e che un padre cattivo le negava un cucchiaio di minestra, un panino, un bicchier d’acqua.

Ieri sono stato a trovare un amico. Era steso a letto, aveva l’ossigeno, rantolava. Da qualche giorno era così. Ha raggiunto l’ottantina e ieri era come assopito, rapito al mondo. Sua moglie, teneramente, lo accarezzava con una delicatezza che ho visto poche volte. Ogni tanto diceva: perché non smette di soffrire?
Io lo conoscevo. So che se ne avessi parlato, assurdamente, proprio con lui mi avrebbe detto: soffocami. L’ho pensato. Ma ho avuto paura, e non l’ho fatto.
Non l’ho fatto perché ho dei dubbi: sarà la cosa giusta? E intanto lui rantolava. Dopo tre ore è morto.

Ieri sera sono stato a trovare un amico. Abbiamo parlato del caso della ragazza. Lui è padre di un ragazzo che è morto tragicamente. Lui è conservatore e cattolico praticante. Lui mi ha detto che l’unico rimprovero che si sente di fare a quel padre è di non aver spento sua figlia. Lui mi ha detto che suo figlio, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato paralizzato dal collo in giù e cieco. Lui non avrebbe resistito e l’avrebbe ucciso uccidendosi.
Io non so se l’avrei fatto, perché ho dei dubbi: sarà la cosa giusta?

Ecco, io soffro perché qui non so proprio quale sia la cosa giusta. So però che una delle cose sbagliate è perdere tempo, so che la sofferenza inutile, il dolore inutile, è una pena che non redime, che non migliora, che non salva. Anzi: si diffonde alle persone che stanno attorno al sofferente, le macchia, le depaupera, le imputridisce.

Chi si erge amministratore della cosa pubblica, chi si erge sacerdote, chi si dice intellettuale, deve saper coltivare il dubbio. E siccome il tempo, per chi soffre (dico anche i parenti e gli amici del morituro o dell’ammalato) si espande e diviene pesante, occorre non perdere tempo.
E per non perdere tempo ci vuole una legge pensata PRIMA che avvengano i casi come quelli della ragazza.

Purtroppo però la religione e la politica, questa religione e questa politica, sanno cos’è bene e buono per noi. La strada è tracciata: chi fuma non deve avere poi accesso agli ospedali; chi supera il limite di velocità e ha un incidente non sarà curato; chi si ubriaca non sarà raccolto; chi non si comporta secondo i parametri prescritti sarà asociale e indesiderato.
Avremo un mondo di pecore virtuose, saremo felici e giusti. Da qualche parte metteremo i reietti, gli incivili, gli immorali. Ci sarà una morale, limpida, indiscutibile, costante e sempiterna, che sostituirà l’opinione, la passione, la curiosità, l’esperienza, l’amicizia, l’amore, la rabbia, la gioia…

E il bello di tutto questo è che non si useranno strumenti imprevedibili, enormi, complicati: no.
Questa “morale” si installerà mediante canzoncine, filmatini, copertine di riviste patinate. Basta una canzoncina a Sanremo per capire che gli omosessuali non sono normali, che basta guardare al proprio passato per innamorarsi di una donna e finalmente essere felici.

Io sono un pessimista.