
Ho affittato un orto, tre anni fa. Saranno cento metri di terra. Ho anche dei vicini di orto, persone che non conoscevo e che ora frequento. Si chiacchiera, ci si scambia favori. Vicino all'orto c'era una vasta pianura alluvionale. E' stata riempita da rifiuti industriali, in passato. Ora un dinamico imprenditore ha acquisito l'area e, per volontà dell'amministrazione comunale, si procederà a edificare la zona artigianale, piena di asfalto, cemento, luci sfolgoranti, tubi e marciapiedi. Tra il mio orto e la zona artigianale c'era una piccola palude. Nella palude, ingombra di salici, ontani e altri arbusti, allignavano bene rane, rospi e biacchi (i quali hanno una strana simbiosi per cui questi mangiano vicendevolmente gli altri - la biscia mangia i rospi grandi, i rospi mangiano i piccoli della biscia - mantenendo un peculiare equilibrio).
Per il bene dello sviluppo e dell'impresa e dell'economia, le piante sono state tutte abbattute, lo stagno è stato interrato.
Come se non bastasse questa piccola zona umida era anche ad una quota più bassa rispetto al mio orto. Ora che è interrata il punto più basso dell'avvallamento è diventato l'orticello, per cui ora, appena piove, tutto si allaga. Tra qualche anno dove c'era una serie di orti metropolitani ci sarà una selva di erbacce, più probabilmente un garage, un plinto, un ponte... qualcosa di cemento, quale che sia.
Io penso che è molto triste questa cosa, molto triste che l'unica economia che funzioni sia rimasta quella legata al cemento. Penso che sia molto triste far morire un orto, un appezzamento costruito con terra portata in ceste da altre parti, su cui hanno vissuto e mangiato tante persone. E mi stupisco moltissimo a sapere che l'imprenditore (dicono, ma non so se sia vero) ha finanziato la campagna elettorale del partito padano, proprio il partito che difende il territorio, che rispetta le sacre tradizioni (con tutto che la responsabilità di questa situazione non è tutta del partito padano, naturalmente).
Anni del boom economico, anni di piombo, anni di merda, e oggi, infine, anni di cemento, pesanti e irremovibili, dai quali non so proprio come e se usciremo.
