martedì 10 maggio 2011

tutto uguale, tutti uguali, tutto più semplice


Tutto si assomiglia sempre di più. Nella memoria di ognuno di noi c’è, da qualche parte, il ricordo delle differenze che hanno abitato le nostre vite nel tempo che fu. Si rischia di essere passatisti, e di celebrare i “bei tempi andati”, nei quali si giocava con le biglie o amenità di questo tipo.
Allora diciamo prima di tutto che nell’ultimo secolo abbiamo avuto dei bei progressi oggettivi, sulle condizioni di salute, di scolarità, di sicurezza sul lavoro e di diritti alla persona. La mia impressione è che le cose stanno cominciando a cambiare. Per ora il cambiamento non sta nell’inversione di tendenza, ma nell’assottigliamento delle scelte.
Tutto quel che nella nostra vita è artificiale (e ormai lo è quasi tutto) è prodotto da pochi centri di potere. Si chiama produzione di massa e consente di ottimizzare i margini di guadagno.
Passo all’esempio quotidiano e banale, forse puerile: non si trovano, nei bar, dei caffè pessimi. È una stupidaggine? No, è un segno interessante: i caffè sono ormai tutti uguali. Non sto parlando della differenza raffinata da gourmant (che va addestrata e che la massa NON HA, per definizione). Da ragazzo ricordo bar che producevano un caffè rivoltante, lungo e puzzolente. Locali fumosi, dall’aroma vissuto. C’erano sempre un paio di ubriachi che giocavano a carte. Poi c’erano i bar “belli” e poi c’erano quelli “di città” a cui non eravamo abituati. Ora i bar sono (quasi) tutti uguali, a Savona come a Milano, e offrono le stesse cose, senza possibilità di scelta. I supermercati, i centri commerciali sono i grandi promotori di questa uniformazione livellata.
Avevamo, in passato, auto diverse. Prodotte in grande scala, sia chiaro, ma un auto italiana era profondamente diversa da una francese, nel rumore, nelle sospensioni, persino nel cambio. Auto diverse, ti potevano piacere o meno, ma diverse… Oggi ci sono macchine tutte sempre più uguali, al massimo puoi scegliere la categoria (SUV, berlina, utilitaria), ma non c’è più scelta.
I giornali si assomigliano, o riportano comunque le stesse notizie, gli stessi commenti. Appena si esce dalla diatriba del momento circa quel tale personaggio, quando ci si avvicina ai grandi temi, ecco il “pensiero unico”, che tutto comprende e tutto anestetizza…
Non ce ne accorgiamo perché ci hanno convinto che siamo liberi di scegliere, liberi di fare come vogliamo, che abbiamo il gusto, la sensibilità, il buon senso di scegliere coscienziosamente le cose che abbiamo. Qualcuno ha speso miliardi su questo. Ci hanno convinto, inoltre, che i diritti sono innati, connaturali all’uomo, e che è pacificamente automatico avere “diritto a…”. Mentre i diritti, acquisiti con faticose battaglie, necessitano di manutenzione, di applicazione, di discussione.
La stessa democrazia, tanto sfolgorante all’indomani della fine della guerra, si è come appannata di fronte all’attuale sistema di comunicazione, soporosamente piatto e uniformato ad un linguaggio, ad un concetto, una sola libertà e visione del mondo.
Per finire con la politica: il crollo dell’imperialismo sovietico ha provocato un allargamento dell’idea comune, neutra. Fatti salvi i casi in cui i politici sono ladri o disonesti, il sistema partitico genera, da “destra” o da “sinistra”, proposte di soluzione ai problemi molto simili, anche se ci sembrano (ce le fanno sembrare) diverse. Non avere il Partito Comunista al 20% (ma anche qualsiasi altro partito fuori dal pentapartito isituzionale, è stato un impoverimento. Ci abituiamo giorno per giorno a questo mondo dove ci sembra di scegliere tutto, e invece non scegliamo più niente: prodotti, opinioni, partiti, canoni di bellezza, lingua con cui esprimerci.

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