lunedì 30 luglio 2007


È stata una bella festa, un paio di giornate che da un po’ non vivevo così semplicemente, felicemente.
A Cengio hanno fatto una festa di piazza, come usa d’estate, con un tema nuovo e interessante: la solidarietà. Hanno invitato tutti i gruppi valbormidesi e c’erano anche gli amici di “Luca è con noi”.

Si è mangiato squisitamente, si è ascoltato buona musica (per una volta non il solito liscio…) e si sono potuti stringere legami nuovi tra le associazioni e rinforzare quelli vecchi.

Grazie alla Tribù Garolla: sono bellissimi e bravissimi, sono aumentati negli anni, qualcuno ci ha lasciato da poco, non ce lo dimentichiamo, anche se forse era la più silenziosa e sobria. Quelli che restano le fanno grande onore. E poi grazie anche a Stelvio. È instancabile, disponibile, corre e non si ferma mai, dà retta a tutti, fa e parla (relativamente) poco.

Ci saranno anche altre persone che si meritano un GRAZIE. Io non le conosco. Bisogna che qualcuno glielo dica: conservatevi, siete un bene prezioso per tutti.

sabato 7 luglio 2007

TFR

Io pensavo: “Se mettono su tutta ‘sta faccenda si vede che è proprio meglio darsi da fare per trovare vie diverse d’investimento, si vede che non si può più garantire niente sulla liquidazione, si vede che non è più al sicuro”. E invece no. Si poteva scegliere (fino a qualche giorno fa) dove mettere ‘sti 4 soldi: lasciare in azienda, in fondo contrattato con sindacati etc., in fondo di assicurazione privata.

Mi sono chiesto solo una cosa: come mai c’è la pubblicità della seconda e terza scelta e (quasi) nessuno consiglia la prima? Buffo, no? Se ci sono 3 scelte perché solo due sono consigliate vivamente da ariticoli, pagine, interviste, servizi tv, e la prima no? Si vede che la prima, ho pensato, è terribilmente svantaggiosa, tanto da non esser presa neppure in considerazione. Eppure…

Se lascio i soldi in azienda questi sono garantiti dall’INPS. Posso cambiare idea quando voglio. Se vengo licenziato o mi licenzio dopo un po’ di tempo me li danno. In tutti gli altri casi NO!!

Non solo: io verso una certa quota in azienda. Se l’azienda deve decidere di lasciare a casa personale è meglio che cominci da quelli che hanno versato la quota “fuori”, su fondi diversi che non devono essere ridati al lavoratore.

Quali garanzie ho circa i miei soldi investiti in un fondo “studiato” apposta dagli assicuratori, dalle banche, dalle finanziarie? Non lo so.

Tutte queste cose simpatiche da sapere sono nel libro qui rappresentato: “La pensione tradita” di Beppe Scienza (si chiama Beppe ma non è un beppe qualunque: ha titolo per parlare, lo si cerchi su un motore di ricerca…). Ma la cosa che più mi imbarazza, tutte le volte che scopro queste cose, è vedere come e quanto i giornalisti non facciano sufficientemente il loro mestiere. Mi pare di aver appreso più cose da un breve articolo di Enrico Oliveri sul mensile L’Alta Val Bormida che da Stampa o Secolo o peggio ancora in TV…

In ogni caso io ho trovato una soluzione ancor migliore di queste tre e perfettamente legale, anzi, a dire il vero me l’hanno trovata i commissari fallimentari della ditta nella quale lavoro: hanno portato tutto dal giudice Giorgi che ha fatto per bene tutti conti, secondo legge, e mi (ci) ha liquidato con un bell’assegno. Risolto il problema del TFR dei miei primi anni di lavoro. Diversamente ero sicuro di non vederlo.

martedì 3 luglio 2007

un libro, un film


Ho quasi finito un libro di cui vorrei parlare, ho visto un film, ieri sera, che si potrebbe, in qualche modo, mettere in relazione col libro. Il volume è pubblicato da Einaudi, 2007, l’autore è Vincenzo Rabito, il titolo è “Terra matta”. Il film, di cui non ricordo né l’anno, né il regista, si chiama: “Vento di terra”. Nei due titoli, faccio notare, c’è la parola “terra”.

Il libro
Un bel giorno, Vincenzo Rabito, uomo siciliano, semplice cavatore con la 5° elementare, si chiude nella sua camera e comincia a battere a macchina la storia della sua vita. Non ricordo quante pagine riesce a tritare nel suo italiano stento e pieno di imperfezioni ortografiche e di dialetto. Ha attraversato il secolo superando guerre, epidemie, totalitarismi, fatiche fisiche estreme, ed è lì a mettere in fila lettere, separate assurdamente, ognuna da un punto e virgola. E scrive proprio come un contadino ara la terra: senza sprecare il foglio/campo, attento a non lasciare incolto troppo margine. Non so più quanti anni ci ha messo, Vincenzo, a scrivere tutto. Mi par di vederlo, con gli occhiali sulla punta del naso, un tasto alla volta. Poi prender confidenza e diventar più rapido. In qualche modo pure divertendosi, con il piacere fisico della Olivetti Lettera 35. Tlak-tlak. In casa saranno impazziti. Un qualche nipote, alla fine, prende il malloppo e spedisce a Pieve Santo Stefano, presso l’archivio diaristico nazionale. Rabito vince il primo premio dell’annuale concorso. Lo vince postumo perché nel frattempo è spirato. Einaudi lo scopre e lo pubblica. Se non è un successo poco ci manca…
Il racconto è avvincente. Si fatica a seguire il filo, si fatica a capire, talvolta ho dovuto rileggere. Eppure ci si diverte a seguire la narrazione. Alcuni dei nostri nonni non sapevano scrivere, ma quasi tutti sapevano raccontare: erano cresciuti col racconto, con la favola, con le veglie la sera.

Il film
Del film so pochissimo. La trama: Secondigliano (NA) anni ’90. Il giovane e la sua famiglia (padre madre sorella) sopravvivono dignitosamente nel degrado noto della periferia napoletana. Si succedono (come se non bastasse) varie disgrazie. Per resistere, per sopravvivere, il giovane può scegliere se diventare un delinquente o partire volontario a fare il soldato. Deve comprare casa, accetta perciò di andare in missione in Kossovo. Finalmente madre e sorella sistemate, ottiene il trasferimento a Napoli e conosce un fanciulla. In tempo per ammalarsi di quel che è seguito all’uranio impoverito. Fine.
Il film è crudo, senza commenti, senza concessioni sentimentali di sorta. Si prova vero malessere, nausea, tristezza. Si ha la percezione dell’ingiustizia continua, come un basso lontano, ininterrotta.

Le due opere in qualche modo si parlano: la storia dei non potenti si ripete nel tempo, a distanza di 80-90 anni. Allora, Vincenzo senza lavoro, accetta qualsiasi mestiere per aiutare in casa. Oggi, il giovane di Secondigliano, fa la stessa cosa. Altri come Vincenzo, nel 1915, morivano per cause diverse legate alla guerra, ma anche all’ottusità di ufficiali, crudeltà di generali, tiri sbagliati della “nostra” aritiglieria. Oggi un giovane di Secondigliano muore a causa dell’uranio impoverito. E lo Stato nega. Ha negato…
Più di 80 anni son passati. Quanto sono cambiate le cose?

domenica 1 luglio 2007

Campanula Sabatia


Bella vero? Fiorisce ai primi di giugno.


Ciau

Radio Canalicum


Sono stato invitato a parlare alla radio. Si tratta di Radio Canalicum, la piccola e dignitosissima radio che trasmette da Cairo Montenotte. Quando ero fanciullo ascoltavo di sovente Radio Cairo, nonna della attuale. Era il tempo delle radio private, fatte con molta passione e poca professione. Però era bello: tutti conoscevano tutti ed era possibile telefonare per dediche, ascoltare i messaggi degli innamorati, seguire la cronaca locale. Non so quale trasformazione è avvenuta ma molte di queste radio (e anche televisioni) si sono perse. Si tratta di una pagina ancora tutta da studiare.

In ogni caso ho parlato, intervistato da una vecchia conoscenza salicetese, Diego Dormetta. Me lo ricordavo come calciatore: il passo lesto e l’affondo preciso. Mi pare giocasse ala destra. Io ero inetto già allora allo sport, più di tutto nel calcio, e restavo a bordo campo ad annoiarmi.
Oggi il dottor Dormetta mi ha intervistato alla radio. Mentre lo scrivo mi scappa da ridere… C’è da specificare che sono stato interpellato non in quanto me medesimo, ma perché momentaneo portavoce dell’associazione “Luca è con noi” di Plodio. Bene, per chi vuol sentire il sottoscritto (e soprattutto sentire cos’è e come funziona l’Associazione) deve sintonizzarsi con Radio Canalicum sui 101,1 o 89 MHz. Martedì 10 luglio alle 15,00. Giovedì 12 alle 21,30. Sabato 14 alle 10,10.

Diego si sta occupando del volontariato in Valle Bormida. Dice che è abbastanza diffuso e radicato. Dice che è “l’oro della Val Bormida”. Io non saprei, ma sicuramente l’attività di volontariato è davvero diffusa e differenziata. Mi sembra che abbia preso il posto dei movimenti politici. Mi ricordo quando frequentavo la sede del P.C.I. di Cengio, negli anni ’80. Tanta gente che aveva voglia di partecipare, di fare, se non altro durante la festa dell’Unità. In fondo era questo: la voglia di fare qualcosa insieme, per una buona causa.
La rivoluzione è stata rimandata a data da destinarsi. Resta da fare molto: piccole cose, piccoli passi, piccoli mattoni che vorrebbero costruire grandi case. Se non azzerare le grandi ingiustizie dal mondo, almeno alleviare la sofferenza di qualcuno, pochi per volta, e dare una speranza a chi non l’aveva.