domenica 30 marzo 2008

sanità pubblica e privata

Io e un mio amico abbiamo avuto l’otite (l’ha stabilito un medico). Stessi sintomi, niente di grave o di insopportabile. Si tratta di un fastidio quasi doloroso all’interno dell’orecchio, come ci fosse entrata l’acqua.

Il mio amico ha preso un appuntamento ed è andato a farsi visitare da un medico “privato”, presso cui ha speso 100 euro. Ha avuto regolare ricevuta.

I locali erano sporchi e usurati, molte persone in sala d’attesa. Ha dovuto aspettare mezz’ora. L’ottorino “privato” l’ha visitato attentamente e gli ha fatto pure un esame audiometrico. Gli ha prescritto cortisonici per ridurre l’edema. L’otite è rimasta.

Io ho voluto provare a fare la stessa visita con la vecchia, cara “mutua”. Ho aspettato 15’ per prenotare allo sportello ASL (avrei potuto telefonare, ma avevo tempo) e pagato 20 euro. Ho dovuto aspettare una decina di giorni. Sono andato all’appuntamento in orario e sono passato subito. Il medico mi ha dato un’occhiata e ha capito subito. Mi ha prescritto cortisone per aereosol e acetilcisteina per fluidificare il muco.

Io ho quasi risolto, il mio amico comincierà domani a fare insufflazioni in ospedale (tutte le mattine prima delle 8,00).

Attenzione a criticare la sanità pubblica, può essere che ogni tanto abbia qualche pecca ma intanto c’è. Quando non ci sarà più ne sentiremo assai la mancanza. In ogni caso, per quel poco che ne so, funziona eccome, la sanità pubblica…

Un’ultima notizia appresa oggi, che c’entra solo parzialmente: l’85% dei malati ha l’11% delle spese mediche (sud del mondo), il 15% dei malati ha l’89% delle spese mediche (mondo “civile”).

La malattia è una percezione e come tale è influenzabile dai mezzi di comunicazione. Dobbiamo rassegnarci: siamo tutti malati, abbiamo tutti carenze, “dobbiamo” prendere almeno una pillola al giorno, per qualsiasi cosa. Se la sanità diventasse interamente privata, se ci fosse una sanità pubblica solo per l’emergenza o per l’indigenza si finirebbe molto più male di oggi. Pensiamoci bene, ma bene!

martedì 4 marzo 2008

A causa dell'ignoranza



Impieghiamo risorse cospicue per cose inutili. Sprechiamo tempo a NON imparare niente. I nostri amati politici riescono a impastare sempre le stesse cose, i giornalisti ripetono i concetti senza “speculare” senza ragionare, senza pensare, abituandoci ad usare le parorle senza senso, parole-forma senza contenuto.

Sono morti uomini in Puglia sul lavoro. Uno è entrato in una cisterna, è crollato, altri sono scesi per aiutarlo, sono crollati anche loro.

I giornalisti (tutti, dalla carta stampata a quelli di RAI 3) hanno ripetuto che la causa era nelle “esalazioni dello zolfo” che la cisterna aveva trasportato.

Ora: lo zolfo noi no lo conosciamo più. Lo conoscevano i nostri nonni: si usava in campagna nelle vigne e si usava incendiarlo per scacciare le tarme dalle botti, come antibatterico generico. Addirittura si gettava nelle tane delle volpi per stanarle e ucciderle. Non è mai successo che lo zolfo, da solo, avvelenasse o uccidesse qualcuno. Lo zolfo, di per sé, non esala proprio niente.

Quindi le cause sono complesse: la cisterna è un luogo chiuso, non circola aria, come in un pozzo; lo zolfo è una sostanza chimica che reagisce volentieri con l’ossigeno generando anidride solfidrica o solforosa. Le anidridi nell’acqua generano gli acidi (solforico, solfidrico etc.).

La realtà è più complessa, ecco la questione. E noi siamo ignoranti.

Paolo del Debbio su Canale 5 diceva che con una mascherina magari si sarebbe potuto evitare… Ma la mascherina non basta! La mascherina serve per la polvere (e si vedono persone che la mettono per evitare la diossina generata dall’immondizia che brucia: inutile!), la maschera antigas con il filtro per vapori organici (quella facciale) serve solo all’aperto, dove ci sono basse concentrazioni di gas o vapori velenosi o asfissianti. È inutile questa maschera dentro un pozzo, dentro una cisterna o un pozzo. I vapori (o gas) si possono presumere (principio di precauzione) in concentrazione elevata. Per entrare in luogo chiuso serve un autorespiratore, cioè una maschera antigas che, anziché avere il filtro, è collegata alle bombole.

Usiamo spesso ammoniaca, ipoclorito, tensioattivi, soda caustica, e non sappiamo quali pericoli celano questi prodotti. E perdiamo tempo prezioso a seguire le vicende di Costantino, del tanga o del boxer, di Veltroni o Berlusconi. Delle esumazioni di santi…

Il nostro mondo è sempre più complicato e l’analisi dei rischi, palesi e occulti, deve essere sentito come un dovere da tutti. Siamo circondati dalla chimica, la viviamo, la respiriamo, ne facciamo parte. Perché non ce ne occupiamo?

“Beati gli uomini di buona volontà, ma guai a fidarsi dei soccorritori dotati SOLO dalla buona volontà” lo scriveva Primo Levi tanti anni fa. Non è cambiato niente!

bisogna esser giovini...


Per fare le cose bene bisogna metterci passione. Sia per affrontare un nuovo lavoro, sia per scrivere un libro, una storia, un saggio, una poesia; sia per mantenere un blog aggiornato, per imparare a usare un nuovo programma, una nuova macchina. Bisogna essere adolescenti per conoscere e incotrare le persone, per avventurarsi, sperimentare, mettersi in gioco. Il pardadosso è che l’adolescenza passa presto e uno è distratto da tante cose, ed è difficile restare attenti, prestare attenzione alle cose che importano davvero. Ed è importante prestare attenzione perché quello che impari in quella decina d’anni ti accompagna tutta la vita, sarà scheletro e muscolo. Poi l’allenamento te lo fai, ma se non costruisci bene nell’adolescenza non farai miracoli a quarant’anni.
Ho letto libri, suonato e imparato musica, ho amato, ho visto film, parlato con persone, ho provato a fare un po’ di tutto, parlare con tutti, litigare, appassionarmi a persone, concetti, idee, progetti.
Tutto ha avuto il suo peso, tutto ha insegnato a me qualcosa (insegnato=lasciato il segno). Dopo, quando l’adolescenza è sicuramente terminata da almeno una quindicina d’anni (con sporadiche fiammate, almeno a livello di stupidità cerebrale) uno si accorge di quanto sia prossimo all’inutile (salvo per il godimento personale) il leggere, l’ascoltare musica, lo scrivere, il credere a ideali, il progettare, parlare con gli altri. Non dico che non vale, dico che tende a 0.
Quant’è vero che i partigiani migliori sono stati ragazzi, magari adolescenti quasi maturi, ma giovani. Avventurosi, appunto, e disponibili anche a commettere ingiustizie, indulgenti con sé stessi, intransigenti col mondo. Se lo potevano/possono permettere.
Ora ho 42 anni, mi addormento se il libro non mi colpisce profondamente. Mi addormento davanti alla TV, mi addormento a stare a sentire i discorsi di persone che non m’interessano. Mi stanco a scrivere lungo, non riesco a progettare una lunga gittata di scrittura: ho bisogno di essere più stimolato, spinto e tirato dalle evenienze. Se cerco un libro da leggere alla fine prendo qualcosa che già conosco. Se cerco un amico ne cerco uno che frequento da tempo.
In ogni caso penso che per far bene le cose bisogna cercare l’animo adolescente che da qualche parte uno può aver salvato, l’idea che si abbia ancora tutto davanti, da spendere, anche da sprecare. Bisogna innamorarsi dei libri, delle ideee, delle persone, delle storie altrui, dei progetti. Bisogna avere fiducia da dare, da spargere, da condividere. E questa fiducia va cercata, coltivata, allevata. Anzi: risvegliata.
Ancora una questione: come mai accade questo? È la natura che prevede un progressivo ritirare i remi in barca o è la vita di quelli come me che tende a spegnere entusiasmi e passioni?