venerdì 18 febbraio 2011

A me non è piaciuto.


A me non è piaciuto. L’apologia della nazione, della patria e della bandiera, attraverso il Risorgimento e le sue passioni romantiche è una questione molto popolare, anzi: nazional-popolare. Della stessa retorica si sono serviti (all’occorrenza) comunisti e fascisti.
Stamattina ho raccolto le impressioni di alcuni amici e colleghi: tutti colpiti dalla grande eruditezza del comico. È piaciuto a tutti. Erudito? Ma non è “erudito”! è piuttosto un “animale da palcoscenico”, uno che affabula, affascina. Una persona che riesce a magnetizzare la sala. Ma non è un erudito. Non è neanche uno storico, non è un ricercatore o uno studioso. Quel che ha magistralmente raccontato è la (parzialissima) versione della cronologia storica italiana di una parte del Risorgimento.
“L’inno degli italiani” è una canzone che rappresenta l’unità italiana, e va bene. Ma che sia un’opera poetica strabiliante… ce ne corre. Su quelle note e quelle parole, molti si sono lasciati uccidere, molti sono stati mandati a morte. Sulla visione tutta romantica, adottata dal Risorgimento, per cui la morte, soprattutto quella eroica, è bella e desiderabile, soprattutto per la propria patria, su quella visione, dicevo, milioni di contadini sono stati poi mandati a morire malamente sul Carso, per guadagnare qualche metro di rocca secca e sterile (ma anche se fosse stata terra fertile, non ne sarebbe valsa la pena). “Siam pronti alla morte” ? Davvero? Noi italiani siamo pronti a morire per l’Italia? Quasi sicuramente si, perché siamo quasi sicuri che nessuno ce lo chieda. Se invece ci chiedessero una cosa debita e quotidiana, come pagare le tasse, pretendere diritti, compartecipare alla vita civile, combattere l’ingiustizia, allora no, non ci stiamo: troppo impegnativo.
Ho visto la platea di Sanremo applaudire al bravo comico. Bene, un altro successo della retorica. Un po’ mi dispiace, perché è segno di immaturità. Ma poi penso come diceva Ortega y Gasset che la “Retorica è il cimitero delle attività umane, o tutt’al più ne è l’ospedale degli invalidi”. Tutto finisce lì.
L’Ottocento è stato il secolo delle grandi trasformazioni, in cui le nazioni si sono definite e da cui sono nate le più terribili guerre dell’umanità. Milioni di persone, in Italia, sono andate e tornate dall’America, alla ricerca di qualcosa di meglio.
Mi par di ricordare che i contadini fossero alla fame, e alla fame restarono per anni e anni. Ogni tanto lo stato italiano risorto li richiamava e li spediva a combattere in Africa, sul Carso o non so dove. Poi venne il fascismo a blandirli, anche ad (effettivamente) aiutarli (causando infine più danni che altro e promuovendo poi in realtà solo l’industria, lasciando l’agricoltura nelle mani dei pochi latifondisti). E gli operai nelle fabbriche, a sfinirsi di lavoro, donne e bambini a quattordici ore al giorno. Il Risorgimento? Forse è solo una convenzione, un’idea retorica da usare secondo le necessità del momento.

4 commenti:

Giulia ha detto...

Ma sai... sono d'accordo anch'io. Quando la storia ce la insegna un raccontatore di favole siamo messi un po' male. Come popolo, intendo. Soprattutto perché il racconto di quel che c'è al di là della retorica non vuole ascoltarlo nessuno, o quasi. E poi anche Luca e Paolo... sì, per carità, sono bravissimi e hanno fatto ridere, ma la satira è un'altra cosa... del resto Sanremo è Sanremo. Purtroppo.

Fab ha detto...

Come poter parlare dei 150 anni dell’Unità d’Italia a Sanremo. Non lo so, si doveva fare per forza a Sanremo? C’era un modo che poteva andare bene? Qualcuno che avrebbe potuto fare di più? Senz’altro sì. Si doveva raccontare e spiegare cosa è stato il Risorgimento e quali sono stati i passi che hanno portato a considerarci un’unica nazione. Anche le tue considerazioni sono giuste: l’inno e i sacrifici delle persone umili al servizio di ideali che avevano un loro prezzo e che solo loro pagavano. Si pretendeva tutto questo da uno spettacolo che vuole solo raggiungere un picco d’ascolti e basta? Sai cosa ti dico: alla fine va bene anche Benigni. Non in tutto, però solo per risvegliare qualcuno dei tanti che ogni giorno dimentica cos’è l’Italia: un paese stracolmo d’arte, di storia e anche di contraddizioni. Forse sono caduto anch’io nella retorica o forse mi piacerebbe che un giorno si arrivasse a dire che tentare di dividere questo paese, questo pezzo di terra così piccolo in confronto a tanti altri con meno tradizioni e meno storia, è sbagliato. Che solo avere un fazzoletto o una cravatta verde al collo non ti dà il diritto di sparare ogni volta una minchiata. Allora mi va bene anche Benigni, magari solo per un inizio.

A Marenco ha detto...

Fab: si, se si vuol leggere l'intervento di Benigni come "politico" ha senso. E poi va bene, certo, se servisse a risevegliare certe questioni, a smascherare certe attività... Ma in realtà non basta: la gente non cambia per via di un intervento di un comico, e non è da sanremo che ci si può aspettare chissacosa. E' una pagliuzza in un campo di grano, cinque minuti (?) di parole contro una massa di ore ed ore di scarsa televisione.

A Marenco ha detto...

Ecco, si, brava, anche Luca e Paolo, per quanto mi faccia piacere la lettura di Gramsci in televisione... alla fine si manifesta sempre di più il gusto per la citazione, per lo "slogan" e non per l'approfondimento.