sabato 24 marzo 2007

parole in cucina


Quando cucinano creano. Non mettono: dispongono. Non servono: impiattano. Non passano in padella ma spadellano (e la cosa mi ha sempre ricordato l’atto del sottrarre ben altra padella dal letto di un anziano ammalato…). Ti spiegano che è fondamentale il territorio e lo dicono con una protervia che neanche un generale nazista quando parlava della Polonia prima del ’38. Fanno cucina povera con astici, mazzancolle, pasta tirata a mano, aglio di trondedio, pomodorini coltivati al sommo dell’Etna. Io non sopporto tutto questo manico che fanno i moderni cuochi mentre scaldano qualcosa. Penso alle mie zie, a mia madre, a mia suocera, lo hanno fatto e lo fanno: preparano un pranzo per otto, dieci persone senza fare una piega. Insalata russa, peperoni con l’acciuga, uova ripiene, ravioli e tagliatelle, bollito e arrosto, patate e carote. E il budino. E apparecchiano e sparecchiano e lavano i piatti. Cosa dovrebbero dire loro? Che lingua dovrebbero usare per descrivere quel lavoro? Il grande cuoco fa tre (3!) ravioli e li condisce con un sospetto: spadella, impiatta, dispone. Poi mette un ciuffetto di erba sbrodolina… Ma va’ a quel paese, va! Le nostre signore facevano kilogrammi di ravioli senza colpo ferire, usando quello che avevano. Perché l’altro miracolo era questo: senza negozi e senza supermercati, senza aglio di Castelrotto o pomidoro di Valburetta, ma con l’aglio del proprio orto, con le verdure di stagione, le uova di un vicino di casa che non avevano bisogno di timbri e autorizzazioni. Tornate a scuola di umiltà, e soprattutto, impariamo a fare da mangiare in casa nostra senza badare agli sbrodolamenti, facciamoci spiegare dalle nostre madri come si fanno i ravioli. Altro che mazzancolle…

1 commento:

davide ha detto...

Ecco che siamo arrivati al dunque. Vediamo: la cucina dei grandi chef, invenzioni, prodotti che arrivano da chissà dove... niente di nuovo, se alla corte di Luigi XIV (Parigi) arrivava il pesce fresco tutti i giorni... Poi c'è la cucina del territorio, invenzione nuda e cruda a partire dalla cosiddetta cucina regionale, e magari si vorrebbe anche trovare la ricetta precisa del pesto o dei "capunet" (prima il sole o prima l'olio?). Infine la cucina che si fa e si è sempre fatta in casa, l'unica, alla fine, vera. Ma di questa interessa poco, noi ci immaginiamo una nonna di campagna che condisce tartufo bianco con olio extradop e serve su un letto di basilico di prà... Questa è la menzogna, non il grande cuoco. In fondo, lui, fa un mestiere, lo pagano, e mette insieme le cose più rare, o prelibate. Se poi è onesto, te ne mette anche nel piatto, se no ti lascia, di abbondante, solo il conto. Invece ti prendono in giro quando ti fanno credere che la cucina povera fosse fatta di funghi trifolati, arista alle castagne e miele, tomini gratinati con mentuccia, etc... Ecco, su questo meriterebbe davvero fare chiarezza.